Venezia
Venice is a miracle. It’s architecture has barely changed in five hundred years. It is visited annually by millions of tourists. If you want to share a “silent Venice” experience you have to wake up early in the morning or stay around late at night. Patience is key.
You can choose to avoid the most touristic areas during the day and to photograph mostly during the night and very early in the morning: free city, free space, free silence…. And don’t forget to get lost! (I mean: the inherently labyrinthine structure of the city and of narrow “Calli” is perfect for getting lost in a sort of personal adventure far from crowds).
Di certo ci si può innamorare di una persona. Ma ci si può innamorare anche di una cosa? Una cosa fatta di pietre, mattoni, legno, acqua… Una cosa fragile e immortale, cangiante e immobile allo stesso tempo. Una città che inspira ed espira. Alta marea. Bassa marea. Giorno. Notte. Caldo. Freddo. Folla. Deserto.
E di tutti questi tuoi respiri, di tutte queste tue sfaccettature, di tutti questi tuoi battiti, sceglierne solo alcuni. Quasi che gli altri non esistessero. Nella intrinseca finzione del bianco e nero scegliere la lentezza, la solitudine, la calma, la tranquillità.
Non solo fotografandoti, ma ancor prima pensandoti, vivendoti, sentendoti, respirandoti. Lo so, sei molto più di questo. Molto più di quello che riesco a cogliere. Città morente che non muore mai. Enorme palcoscenico, outlet, gondolaio, Mose… Basterebbe solo che ti cintassero e facessero pagare un biglietto d’ingresso per riuscire veramente ad ucciderti condannandoti ad una eternità senza più anima.
Ma per adesso ancora no. Per adesso sei ancora disponibile ai nostri incontri. Per adesso puoi offrirti ancora. Soprattutto la notte. La notte vera. Quella dopo le due e prima delle cinque. Quando la gente dorme.
Noi, ora, praticamente soli. Nell’umido e nel freddo. Eccomi: reflex, zaino e cavalletto. Eccomi a cercati. Ma sto veramente cercando te o piuttosto sto inseguendo una mia idea di te? Una mia sensazione? Un mio preconcetto? Lo so, la fotografia è anche inevitabilmente illusione. Si sceglie tra le infinite sfaccettature della realtà una inquadratura parziale, un parziale momento e lo si immobilizza per sempre. Forse si tratta di una parziale verità che per la sua stessa parzialità può divenire in fondo una menzogna?
In un portafoglio di immagini raccolgo una successione di momenti e di sguardi inevitabilmente di parte. Luci e ombre registrati per sempre. Venezia per sempre. Sì: tu, te stessa per sempre. Ma forse anche tu sei già morta e io sto solo riuscendo a fotografare me stesso mentre ti immagino deserta, dolcemente malinconica e immortale.
You can choose to avoid the most touristic areas during the day and to photograph mostly during the night and very early in the morning: free city, free space, free silence…. And don’t forget to get lost! (I mean: the inherently labyrinthine structure of the city and of narrow “Calli” is perfect for getting lost in a sort of personal adventure far from crowds).
Di certo ci si può innamorare di una persona. Ma ci si può innamorare anche di una cosa? Una cosa fatta di pietre, mattoni, legno, acqua… Una cosa fragile e immortale, cangiante e immobile allo stesso tempo. Una città che inspira ed espira. Alta marea. Bassa marea. Giorno. Notte. Caldo. Freddo. Folla. Deserto.
E di tutti questi tuoi respiri, di tutte queste tue sfaccettature, di tutti questi tuoi battiti, sceglierne solo alcuni. Quasi che gli altri non esistessero. Nella intrinseca finzione del bianco e nero scegliere la lentezza, la solitudine, la calma, la tranquillità.
Non solo fotografandoti, ma ancor prima pensandoti, vivendoti, sentendoti, respirandoti. Lo so, sei molto più di questo. Molto più di quello che riesco a cogliere. Città morente che non muore mai. Enorme palcoscenico, outlet, gondolaio, Mose… Basterebbe solo che ti cintassero e facessero pagare un biglietto d’ingresso per riuscire veramente ad ucciderti condannandoti ad una eternità senza più anima.
Ma per adesso ancora no. Per adesso sei ancora disponibile ai nostri incontri. Per adesso puoi offrirti ancora. Soprattutto la notte. La notte vera. Quella dopo le due e prima delle cinque. Quando la gente dorme.
Noi, ora, praticamente soli. Nell’umido e nel freddo. Eccomi: reflex, zaino e cavalletto. Eccomi a cercati. Ma sto veramente cercando te o piuttosto sto inseguendo una mia idea di te? Una mia sensazione? Un mio preconcetto? Lo so, la fotografia è anche inevitabilmente illusione. Si sceglie tra le infinite sfaccettature della realtà una inquadratura parziale, un parziale momento e lo si immobilizza per sempre. Forse si tratta di una parziale verità che per la sua stessa parzialità può divenire in fondo una menzogna?
In un portafoglio di immagini raccolgo una successione di momenti e di sguardi inevitabilmente di parte. Luci e ombre registrati per sempre. Venezia per sempre. Sì: tu, te stessa per sempre. Ma forse anche tu sei già morta e io sto solo riuscendo a fotografare me stesso mentre ti immagino deserta, dolcemente malinconica e immortale.